Cos’è lo smart working?

Smart working o lavoro da casa

Lavorare ovunque, a qualunque ora: smart working significa poter disporre meglio del proprio tempo, poter bilanciare impegni professionali e vita privata.

In attesa della legge (al vaglio del parlamento) che definisca modalità e dettagli dello smart working, sempre più aziende in Italia stanno adottando formule di flessibilità lavorative sul fronte del luogo, dell’orario e degli strumenti da utilizzare per il proprio mestiere.
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il lavoratori “smart” in Italia sono attualmente circa 250 mila, ovvero il 7% dei dipendenti (impiegati, quadri e dirigenti) con un contratto di lavoro subordinato, in crescita del 40% rispetto al 2013.

Dallo studio emerge la fotografia di un fenomeno con grandi potenzialità non solo di espansione ma anche di miglioramento della produttività purchè, mettono in guardia i curatori dell’Osservatorio, si tratti non di una moda o di un appellativo di facciata (come spesso accade per termini come “bio”, “green” e simili), ma di un vero ripensamento del modello organizzativo aziendale.

La valutazione del lavoro su mansioni e non su obiettivi

Al centro deve esserci l’idea di lavorare (e valutare il lavoro) su obiettivi e non più mansioni, nonché la necessità di dotare i lavoratori degli strumenti tecnologici adeguati. Un vero progetto efficace di smart working, deve porre le radici per lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo, agendo su tre elementi:

  • l’allineamento strategico rispetto alle priorità strategiche aziendali e agli obiettivi delle persone coinvolte
  • uno stile di leadership che preveda coinvolgimento dei collaboratori nel processo decisionale
  • delega ai collaboratori, comportamenti delle persone caratterizzati da proattività e intelligenza collaborativa.

Aziende, istituzioni, sindacati e mondo della ricerca devono lavorare insieme. In molte piccole e medie imprese c’è ancora molto da fare per superare alcune barriere culturali. Inoltre è necessario rendere i progetti più persuasivi nel superamento degli orari di lavoro, nel ripensamento degli spazi e nella creazione di sistemi di valutazione per obiettivi.

Tornando ai numeri, il 2016, è stato un anno di svolta; il lavoro flessibile in Italia non è più un’utopia né una nicchia, ma una realtà rilevante ed in crescita. Il 30% delle grandi imprese italiane ha realizzato quest’anno progetti strutturati di smart working, mentre l’anno scorso tale quota si fermava al 17%. Tuttavia, se si guarda alle piccole e medie imprese, la percentuale è ancora ferma al 5%, come nel 2015. A questi numeri occorre aggiungere un ulteriore 13% di aziende che adotta formule “smart” ma senza progetti strutturati.

Sul fronte dei lavoratori “smart”, si rileva che nel 69% dei casi si tratta di uomini, con un’età media di 41 anni. La metà di questi uomini risiedono al Nord Italia, il 38% al Centro ed il restante 10% al Sud.



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